domenica 23 novembre 2008

La solitudine dei numeri primi



Se ne è parlato come un fenomeno letterario, anche per il fatto che Paolo Giordano, il giovane autore, è un ventiseienne fisico di Torino, al suo primo approccio con il mondo della narrativa. E infatti il libro ha vinto il prestigioso premio "Strega", anche se le motivazioni appaiono sinceramente oscure.
Scritto in maniera volutamente scarna, il romanzo (edito da Mondadori) racconta la storia, mai completamente convincente o coinvolgente, di due giovani "diversi", Alice e Mattia, incupiti e marchiati a fuoco da disgrazie terribili che hanno subìto nell'infanzia. La loro unica possibilità di recupero alla vita, di rinascita e riscoperta personale potrebbe (non ne avremo mai una conferma...) scaturire da un'unione che invece sfugge via, per paure o incomprensioni forzate e pretestuose.

Il titolo è affascinante, e la premessa della storia è azzeccata, ma sembra tutto esagerato e inconsistente. Si danno spunti per un superamento degli errori dei due ragazzi (quanta colpa addossata a ragazzini di dieci anni o poco più), abbandonati al loro destino da genitori assenti e, invece, sicuramente colpevoli. I numeri primi sono quei numeri divisibili solo per uno e per loro stessi, e rappresentano per gli studiosi un'intrigante peculiarità matematica; i numeri primi gemelli, quelli che immaginiamo dovrebbero essere secondo l'autore Alice e Mattia, sono invece numeri primi "vicinissimi" tra loro, separati da un solo numero, non primo. E i due protagonisti sono in effetti vicini, talvolta addirittura vicinissimi, ma, come nella matematica, rimarranno sempre separati (mentre scrivo, la mia parte matematica ha un sussulto: l'1, il 2 e il 3 sono numeri primi, vicinissimi... anche volendo escludere l'1, che è in effetti un numero "sui generis", in quanto il uno divisore è sempre lo stesso, 2 e 3 non dovrebbero avere una "speranza"? Se fossero loro i numeri primi in questione, dal punto di vista dei numeri interi, in effetti si toccano...). 
Cui prodest allora questo libro? Perché alcuni incontri, alcune "sliding doors" si aprono ai giovani, ma senza esito? Per dimostrare che il destino per loro era quello, senza appello e senza, alla fine, il libero arbitrio di scrollarsi di dosso il passato? Un tentativo di "neo-realismo de noantri"?

Germana Brizzolari 

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